Incoerenza disarmante

A cosa serve questa Commissione europea?

Sarebbe opportuno che la Commissione europea in un momento così particolare come quello che viviamo dopo il referendum inglese, avesse una linea salda, quale che essa fosse e la portasse avanti con coerenza. Poche settimane fa, il presidente della Commissione Jean Claude Juncker aveva invitato il premier italiano Matteo Renzi a smettere di chiedere flessibilità perché nello stesso Patto di stabilità, erano già stati introdotti sufficienti elementi tali da consentire all'Italia solo quest’anno 19 miliardi in più di quanto le sarebbe dovuto essere consentito. Parlando all'assemblea plenaria del Comitato economico e sociale europeo, Junker aveva anche ricordato che era stata introdotta la clausola degli investimenti e che l'Italia fosse l'unico paese a beneficiarne. Un avvertimento nei nostri confronti per una maggiore severità? L’occhiuta minaccia di eventuali provvedimenti? Nemmeno per idea, per lo meno ad ascoltare ieri il commissario per gli affari economici Moscovici. Egli ha detto che questa commissione non intende sanzionare nessuno. “Le sanzioni sono sempre un fallimento perché dimostrerebbero che le regole non funzionano”. Infatti lo scorso luglio la Commissione Ue ha deciso di non multare Spagna e Portogallo che non hanno ridotto il loro deficit nonostante le regole sottoscritte. E Moscovici si è detto “orgoglioso” di quella scelta. Dal punto di vista del commissario, le sanzioni sarebbero stato un “disastro” e questo perché, parole testuali, avrebbero “indicato un fallimento”. Sarebbe allora interessante sapere però se il fallimento ci sia o no, perché non è che se la Commissione copre il fallimento distogliendo lo sguardo, le cose vanno a posto da sole. E se si decide di ignorare un fallimento, allora è inutile a dire che abbiamo un patto di stabilità a cui bisogna tenere fede, tanto vale scriverne direttamente uno di flessibilità. In attesa che Junker ed il suo commissario si chiariscano le idee, il governo italiano è rinfrancato da questa vuoto decisionale europeo che gli consente di fare i conti un po’ come gli pare. E’ vero che il vecchio continente è colpito da una crisi politica profonda e che la Commissione teme l’ondata dei movimenti revanscisti che crescono un po’ ovunque, ma se essa rinuncia alle sue prerogative, se abdica i suoi poteri, nazionalismi e populisti hanno già vinto senza combattere. E se il governo italiano che sta per presentare il Def alla Commissione europea potrà contare su una particolare benevolenza, questo non significa che ne venga il bene del paese o dell’Europa, piuttosto che il fallimento di entrambe. Infine, se le istituzioni europee non credono più nelle regole che si sono date, sono orgogliose di trasgredirle, per quale motivo dovrebbero crederci i semplici cittadini? Cambiatele, ma non prendetevi e prendeteci, in giro.

Roma, 7 ottobre 2016